Il ricordo di Lorenzo

nipote di Gianfranco

“Dobbiamo realmente esercitarci nella verità che la scena di questo mondo passa e che la forma della nostra esistenza è in funzione di attesa, – fino a che torni il Signore -. Nulla di innaturale, ma piana e nuda verità. Nulla, e tantomeno, che ci possa rendere incerti nel mondo o meno virtuosi nella fatica. Solo una nota, nella vita nostra, senza ciò l’esistenza non sarebbe piena.” Questa frase di Romano Guardini, che il nonno ha appeso nel suo studio, mi è tornata in mente in questi giorni. La vita del nonno è sempre stata piena, intensa e appassionata. 

Penso alle situazioni del quotidiano, perché di ciò che ha scritto ho letto poco. Penso a quello che conosco meglio, della sua vita familiare, che forse pochi conoscono, ma che era vissuta con la stessa passione e con la stessa energia che ha sempre caratterizzato la sua carriera. Penso innanzitutto all’amore per la sua famiglia, per la nonna in primis e per le sue figlie, ma anche la zia Clara. Penso a quando ci insegnava ad accendere il fuoco nel camino, da quando a natale ci preparava un messaggio di auguri ad ognuno in una lingua diversa e poi, almeno finché c’erano piccoli in giro, si travestiva da Babbo Natale con tanto lucine nel berretto. Poi, verso le dieci e mezza, letto il Vangelo e scartati i primi regali, salutava tutti e andava a letto. Perché il meglio era già passato e perché lui certamente non era un tira-tardi. 

Penso, ovviamente, anche al suo amore per la cultura, e per la sociologia in particolare. Mi ricordo che una volta gli chiesi se avesse qualcosa da consigliarmi su Simmel e un secondo dopo avevo in mano un manuale di sociologia di 800 pagine, col consiglio di leggerlo tutto (forse con la speranza che mi ci appassionassi). Ma anche alla sua passione per l’arte, anch’essa vissuta nel suo tipico modo dirompente, che lo portava a percorrere migliaia di chilometri in treno per vedere una mostra a Roma, a Napoli o magari anche a Praga; anche ad età alle quali solitamente al massimo si fa la passeggiata fino al bar.

Penso che una vita così, piena perché vissuta pienamente, virtuosa nelle fatiche che non gli sono mai state risparmiate, attesa già realizzata di Verità, sia il dono più bello che come nipoti potessimo ricevere. E sono sicuro che sia giunto al compimento di questa attesa, lì dov’è, con la nonna nella contemplazione di quella Verità che ha sempre cercato instancabilmente.

LORENZO